Decreto fiscale in G.U.: nuove disposizioni per IVA, Terzo settore, sport e crisi d’impresa

Il D.Lgs. 4 dicembre 2025, n. 186, riguardante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e imposta sul valore aggiunto IVA, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 288/2025 ed è vigente dal 13 dicembre 2025.

Capo I – Disposizioni in materia di imposte sui redditi

L’articolo 1 inserisce l’articolo 79-bis nel Codice del Terzo settore (CTS), di cui al D.Lgs. 3 n. 117/2017. Tale articolo regola il passaggio di beni strumentali dall’attività commerciale a quella non commerciale a seguito del mutamento della qualificazione fiscale dell’attività esercitata.
Gli ETS possono optare per la non concorrenza della plusvalenza (di cui all’articolo 86 del TUIR) alla formazione del reddito imponibile, a condizione che i beni continuino a essere utilizzati dall’ente per lo svolgimento dell’attività statutaria, al fine esclusivo di perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. L’opzione va esercitata nella dichiarazione dei redditi. La plusvalenza sospesa concorre a formare il reddito imponibile se i beni vengono destinati a finalità diverse da quelle statutarie o se sono ceduti a titolo oneroso o risarciti (anche in forma assicurativa) per perdita o danneggiamento.
Vengono specificate le modalità di calcolo della plusvalenza imponibile nelle diverse ipotesi di concorso al reddito.
Per gli enti che istituiscono patrimoni destinati (ai sensi dell’articolo 4, comma 3, CTS), le disposizioni si applicano limitatamente ai beni inclusi in tale patrimonio.

 

Capo II – Disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto
L’articolo 2 modifica due normative relative ai regimi forfettari per il Terzo settore.
Il comma 1 modifica l’articolo 5, comma 15-quinquies, del D.L. n. 146/2021, sostituendo il limite di reddito massimo per l’applicazione del regime forfettario per le attività svolte dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale da “non superiori a euro 65.000” a “non superiori a euro 85.000“.
Il comma 2 modifica l’articolo 86 (Regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato), comma 1, del CTS, sostituendo la soglia di ricavi o compensi da “130.000 euro” (o soglia armonizzata) a “85.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere armonizzata in sede europea“. Viene inoltre soppresso il secondo periodo di tale comma.

 

L’Articolo 3 del D.Lgs. n. 186/2025 al comma 1 stabilisce che l’articolo 89, comma 7, secondo periodo, del Codice del Terzo settore è soppresso; mentre il comma 2 adegua il D.P.R. n. 633/1972 (normativa IVA) alla realtà del Codice del Terzo settore, superando definitivamente i riferimenti alle soppresse ONLUS.

Tali modifiche agli articoli 3 e 10 del D.P.R. n. 633/1972 (descritte al comma 2) si applicano a decorrere dal termine previsto dall’articolo 104, comma 2, del codice del Terzo settore.

 

Il nuovo Decreto, all’articolo 4, estende l’applicazione dell’aliquota IVA del 5%, prevista dal numero 1 della Tabella A, Parte II-bis, alle “imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V, titolo V, del codice civile”, aggiungendole dopo la menzione delle cooperative sociali e loro consorzi.

 

L’articolo 5, poi, apporta modifiche al regime speciale delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale. In particolare, all’articolo 86, comma 8, primo periodo, del CTS, le parole “di certificazione dei corrispettivi” sono soppresse.
A decorrere dal termine di cui all’articolo 104, comma 2, del CTS, all’articolo 2, comma 1, lettera hh), del D.P.R. n. 696/1996, le parole relative alle associazioni senza fini di lucro e pro-loco sono sostituite con “e dalle organizzazioni di volontariato di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117».

 

A seguire, all’articolo 6 del nuovo decreto fiscale, si colloca la proroga dell’esclusione IVA per gli enti associativi, modificando l’articolo 1, comma 683, della Legge n. 234/2021 (sostituzione della data del “1° gennaio 2026” con “1° gennaio 2036”).

 

Capo III – Disposizioni in materia di sport
L’articolo 7 prevede disposizioni fiscali in tema di enti sportivi dilettantistici, con la modifica l’articolo 1 della Legge n. 398/1991.
Il regime viene esteso dalle “Le associazioni sportive” a “Le associazioni e le società sportive dilettantistiche di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36”.
Il limite massimo di proventi rilevante per l’applicazione del regime agevolato viene innalzato, sostituendo il precedente limite di “lire 100 milioni” con “400.000 euro” sia al comma 1 che al comma 2.

 

Titolo II – Disposizioni in materia di Crisi d’Impresa
Capo I – Disposizioni in materia di imposte sui redditi
Viene modificato, con l’articolo 8 del nuovo D.Lgs. n. 186/2025, l’articolo 88 del TUIR, fornendo un’interpretazione autentica del comma 4-ter, in materia di sopravvenienze attive. Al riguardo, si stabilisce che le riduzioni dei debiti d’impresa non si considerano sopravvenienze attive ai sensi del primo periodo del comma 4-ter, anche se avvenute nell’ambito di concordato nella liquidazione giudiziale, concordato minore liquidatorio e concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Inoltre, le riduzioni dei debiti non costituiscono sopravvenienze attive ai sensi del secondo periodo del comma 4-ter, anche nei casi di concordato minore in continuità aziendale, accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, piani attestati e piani di ristrutturazione soggetti a omologazione.
Non è previsto il rimborso delle maggiori imposte versate in conseguenza di interpretazioni precedenti e difformi da quella stabilita dal comma 1.

 

Titolo III – Disposizioni in materia di IVA
Capo I – Revisione della disciplina della detrazione
Con l’articolo 9 viene abrogato il comma 3 dell’articolo 19-bis.2 del D.P.R. n. 633/1972.
A seguire, l’articolo 10 sostituisce interamente l’articolo 19-ter del D.P.R. n. 633/1972 (Detrazione per gli enti non commerciali).
Il nuovo comma 1 stabilisce che, per i soggetti che svolgono attività economica non esclusivamente, la detrazione IVA su acquisti/importazioni utilizzati parzialmente per fini estranei all’attività economica è ammessa solo per la quota imputabile a tale attività economica, determinata secondo criteri obiettivi.
Il comma 2 introduce l’obbligo, per tali soggetti, di gestire con contabilità separata le attività per cui sono soggetti passivi e quelle per cui non lo sono, ai fini del diritto alla detrazione.
Il comma 3 stabilisce che, per regioni, province, comuni, consorzi, università ed enti di ricerca, la contabilità separata deve essere realizzata nel rispetto delle modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria. Tale obbligo si estende anche agli enti pubblici di assistenza e beneficenza, a quelli di previdenza, all’ACI e agli automobile clubs.

 

Capo II – Disposizioni di armonizzazione della disciplina nazionale alla normativa unionale e ai principi fissati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea
L’articolo 11 prevede modifiche all’articolo 40-bis del D.P.R. n. 633/1972, riguardante i servizi di pagamento.
Nella definizione di prestatori di servizi di pagamento (lettera a)), vengono esplicitamente escluse la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali (anche quando non agiscono come autorità monetarie), altre autorità pubbliche e le pubbliche amministrazioni statali, regionali o locali (anche quando non agiscono come autorità pubbliche).
Vengono sostituite le definizioni di “servizio di pagamento” (lettera b)) e “operazione di pagamento” (lettera c)), con riferimenti specifici al D.Lgs. n. 385/1993 e al D.Lgs. n. 11/2010.

 

Viene anche modificato, dall’articolo 12 del nuovo Decreto, l’articolo 9, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972, dove le parole “dal prestatore dei servizi di cui al numero 4) del medesimo primo comma” sono sostituite dalle seguenti: “dal prestatore dei servizi di cui al numero 4) del medesimo primo comma, anche se resi da intermediari”.

 

Capo III – Abrogazioni

Infine con l’articolo 13 viene stabilita l’abrogazione dell’articolo 1, comma 151, della Legge n. 197/2022.

Trattamento fiscale della cessione di clientela professionale

L’Agenzia delle entrate si occupa di chiarire il trattamento fiscale applicabile ai fini dell’IVA, dell’imposta di registro, delle imposte dirette e ai fini ISA alla cessione da parte di un professionista della propria clientela in vista della cessazione della propria attività professionale (Agenzia delle entrate, risposta 12 dicembre 2025, n. 311).

L’Istante, un dottore commercialista, intende cessare la propria attività, e a tal fine procede:
– alla cessione a se stessa di tutti i beni materiali e immateriali, beni che sono totalmente ammortizzati, precisando che la collega a cui intende effettuare la cessione non è interessata ad acquisire il computer con licenza software e la stampante, avvalendosi già di altre macchine ufficio e licenza software;
– alla fatturazione di tutti i compensi ai propri clienti, concordando che essi provvedano al pagamento delle fatture entro il termine di chiusura della posizione IVA.
Inoltre, l’Istante intende cedere la parte ”cedibile” della propria clientela (relativa a contratti di consulenza con i clienti, esclusi gli incarichi di sindaco e revisione o collaborazioni con altri studi professionali che non rientrano tra quelli ”cedibili”) ad una propria collega persona fisica, pattuendo un pagamento rateale in tre annualità. L’Istante precisa che si è appoggiata a studi professionali di colleghi commercialisti utilizzando le loro strutture, non si avvale di personale dipendente, e i beni materiali e immateriali di sua proprietà (computer, stampante, cellulare, autovettura) risulteranno totalmente ammortizzati. Tali beni verranno ”ceduti” alla stessa Istante, e l’autovettura e il cellulare verranno utilizzati anche dopo la cessazione per uso quotidiano personale.
Pertanto, l’Istante rappresenta che la clientela ”cedibile” costituisce l’unico bene e l’unico complesso di rapporti giuridico-economici suscettibile e idoneo a consentire alla collega cessionaria l’esercizio dell’attività professionale.
L’Istante, in regime di contabilità semplificata e in vista del pensionamento, vorrebbe chiudere la partita IVA. Pertanto, con riferimento all’incasso rateale derivante dalla cessione della clientela, chiede:

  • ai fini IVA, se la cessione rientri tra le operazioni escluse da IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera b), del D.P.R. n. 633/1972, e se, di conseguenza, il relativo contratto di cessione debba essere assoggettato ad imposta di registro;
  • se, qualora venga confermata l’esclusione IVA, sussista, in ogni caso, l’obbligo di mantenere la propria posizione IVA aperta fino all’incasso di tutti i compensi, ai fini delle imposte dirette;
  • ai fini delle imposte dirette, se debba assoggettare detti compensi a tassazione ordinaria ai sensi dell’articolo 54 del TUIR, o se ricorrendo le condizioni, emettere fattura senza IVA ai sensi del regime forfetario (articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014);
  • ai fini ISA, se possa indicare il codice ”4” (periodo di non normale svolgimento dell’attività) per i primi due anni e il codice ”2” (cessazione dell’attività nel corso del periodo di imposta) nell’ultimo anno.

Inoltre, l’Istante chiede di sapere se, qualora fosse possibile chiudere la propria posizione IVA, i compensi rateali percepiti possano essere dichiarati nei rispettivi Modelli Redditi PF, quadri RL, quali redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate in modo abituale e professionale.

 

L’Agenzia osserva che l’articolo 2, comma 3, lettera b) del Decreto IVA esclude le cessioni aventi per oggetto un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale. Tuttavia, nel caso di specie, l’Istante intende unicamente effettuare la mera cessione di un ”portafoglio clienti” nei confronti di un’altra persona fisica. Questo ”portafoglio clienti” non può, da solo, integrare un complesso unitario di attività organizzato per l’esercizio di un’attività professionale.

 

In linea con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’Agenzia ribadisce che il rapporto tra professionista e cliente è connotato “dall’intuitu personae”, e la capacità di attrarre clientela non può essere assimilata ad un bene immateriale autonomamente trasferibile. La cessione di clientela configura un corrispettivo di una prestazione di servizio, consistente nell’impegno del cedente a favorire il soggetto subentrante nella prosecuzione del rapporto (obbligazioni di fare e non fare).

 

Di conseguenza, al trasferimento di clientela non è applicabile l’articolo 2, comma 3, lettera b), del Decreto IVA. L’operazione è imponibile ai fini dell’imposta, in quanto costituisce prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del Decreto IVA.

L’imposta di registro è dunque applicabile in misura fissa ai sensi dell’articolo 40, comma 1, TUR.
Riguardo la cessione all’Istante dei beni utilizzati (computer, stampante, ecc.), essa costituisce destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare anche se determinata da cessazione dell’attività, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 5) del Decreto IVA, salvo che per tali beni non sia stata operata la detrazione IVA all’acquisto.

Inoltre, in base al comportamento concludente dell’Istante (applicando l’IVA), non sussistono i requisiti per avvalersi del regime forfetario.

 

Ai fini delle imposte dirette, l’articolo 54, comma 1, del TUIR, stabilisce il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro autonomo. I corrispettivi percepiti per la cessione della clientela sono implicitamente inclusi nel reddito di lavoro autonomo e sono soggetti a tassazione ordinaria.
Il lavoratore autonomo deve conservare la partita IVA fino all’incasso dell’ultima rata. L’attività professionale non si considera cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti. I corrispettivi conservano la natura di redditi di lavoro autonomo da assoggettare a tassazione ordinaria secondo il principio di cassa e vanno indicati nel quadro RE del Modello Redditi PF.

L’Istante potrà ottenere la chiusura della Partita Iva solo dopo avere percepito tutte le rate.

 

Infine, in merito agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), l’Istante dovrà indicare il codice ”4” (periodo di non normale svolgimento dell’attività) nell’anno di stipula della cessione e in quello successivo, e il codice ”2” (cessazione dell’attività nel corso del periodo di imposta) nell’anno in cui chiuderà la Partita IVA.

Incentivi: pubblicato in G.U. il Codice per armonizzare e semplificare le agevolazioni alle imprese

Il D.Lgs. 27 novembre 2025, n. 184, istituisce il Codice degli incentivi, definendo i principi generali per l’armonizzazione della disciplina relativa ai procedimenti amministrativi concernenti le agevolazioni alle imprese.

Il Codice definisce i principi generali che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi che prevedono agevolazioni alle imprese, al fine di armonizzare la disciplina di carattere generale in materia di incentivi.

 

Ai sensi dell’articolo 1, sono soggette alla disciplina del nuovo codice le agevolazioni riconosciute in una delle forme di cui all’articolo 12; mentre le disposizioni non si applicano agli incentivi fiscali che non prevedono lo svolgimento di attività istruttorie valutative, compresi quelli rispetto ai quali le verifiche sono circoscritte al rispetto del limite di risorse stanziate, per i quali resta ferma l’applicazione della disciplina di settore, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3 dell’articolo 19, nonché agli incentivi fiscali in materia di accisa, che rimangono disciplinati dalla legislazione di settore. Ne sono, altresì, esclusi gli incentivi contributivi, fatto salvo quanto previsto dai commi 4 e 5 del medesimo articolo 19. 

Sono definite “agevolazioni fiscali” quelle agevolazioni che, in deroga al regime fiscale ordinariamente applicabile, comportano una riduzione, parziale o totale, della base imponibile o dell’ammontare dell’imposta o della tassa, ovvero un differimento o un annullamento del debito fiscale, nonché una riduzione dei versamenti dovuti. Gli incentivi fiscali sono le misure di incentivazione che prevedono tali agevolazioni. La delocalizzazione consiste nel trasferimento di un’attività economica incentivata, o di una sua parte, dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria o di altro soggetto che ne venga in controllo (articolo 2).

 

Si segnala, in particolare, l’articolo 16 del nuovo Codice, il quale disciplina i casi di incentivi per la realizzazione di investimenti localizzati nel territorio nazionale.
Nel caso di delocalizzazione in favore di un’altra unità produttiva situata in ambito nazionale, dell’Unione europea o degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo, le imprese beneficiarie decadono dalle agevolazioni fruite se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

– gli incentivi erano diretti ad una zona specifica del territorio nazionale e la delocalizzazione comporta un trasferimento di attività al di fuori dell’area ammissibile all’incentivo;

– l’operazione di delocalizzazione avviene prima di cinque anni dalla data di completamento dell’investimento.
La decadenza comporta l’obbligo di restituzione dell’importo degli incentivi fruiti in relazione all’attività delocalizzata, con le maggiorazioni di cui all’articolo 17, comma 4.
Nel caso di delocalizzazione in favore di un’altra unità produttiva situata in Stati non appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, le imprese beneficiarie decadono da tutte le agevolazioni fruite per gli investimenti realizzati (anche se non diretti ad una specifica zona del territorio nazionale), se l’operazione avviene prima dei cinque anni dal completamento dell’investimento agevolato o, per le grandi imprese, dieci anni dalla medesima data. Oltre alla restituzione dell’importo degli incentivi fruiti con maggiorazioni, le amministrazioni responsabili irrogano una sanzione amministrativa pecuniaria in misura da due a quattro volte l’importo dell’aiuto fruito.
Le imprese beneficiarie devono comunicare preventivamente l’avvio dell’operazione di delocalizzazione al Ministero delle imprese e del made in Italy (almeno 90 giorni prima per le PMI, e 180 giorni per le grandi imprese). L’assenza di tale comunicazione determina la nullità degli eventuali licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e dei licenziamenti collettivi relativi all’unità produttiva interessata.

Alle imprese per le quali è stata accertata la decadenza per delocalizzazione in Stati non UE/SEE è precluso l’accesso ad altri incentivi del Codice per i successivi cinque anni (o 10 anni per le grandi imprese).
La decadenza, il divieto di accesso e le sanzioni amministrative si applicano anche in caso di cessazione definitiva dell’attività produttiva o di una parte significativa della stessa, con contestuale riduzione di personale superiore al 40% (su base annua). In tale evenienza, la decadenza comporta la restituzione degli incentivi percepiti negli 10 anni antecedenti la data di avvio della procedura di cessazione.

 

L’articolo 19, intitolato “Regime speciale per gli incentivi fiscali e per gli incentivi contributivi“, affronta invece la disciplina del credito d’imposta in due contesti:

  • Incentivi fiscali con attività istruttoria valutativa (comma 1);
  • Crediti d’imposta senza attività istruttoria (comma 2).

Agli incentivi fiscali che richiedono, per l’ammissione, lo svolgimento di un’attività istruttoria valutativa (di carattere tecnico, economico e finanziario) rispetto ai requisiti del proponente o dell’iniziativa, si applica la disciplina del nuovo codice. Restano comunque ferme le modalità di fruizione, di controllo e di recupero delle agevolazioni, nonch le ulteriori conseguenze in caso di illegittima fruizione, come definite dalla disciplina di settore.

Per gli incentivi fiscali fruiti nella forma del credito d’imposta che non prevedono lo svolgimento dell’attività istruttoria, la fruizione è subordinata alla preventiva comunicazione da parte del richiedente al soggetto competente. La comunicazione deve indicare l’ammontare complessivo delle agevolazioni di cui si intende fruire e la presunta ripartizione negli anni della fruizione stessa. Devono essere fornite anche le ulteriori comunicazioni richieste dalla disciplina dell’incentivo successivamente all’avvenuto sostenimento delle eventuali spese previste. Il soggetto competente comunica tali dati mensilmente al Ministero dell’economia e delle finanze ai fini del monitoraggio. L’attività di controllo e di recupero per tali crediti d’imposta resta soggetta alla disciplina di settore.

 

Gli incentivi fiscali che costituiscono aiuti di Stato o sono fruiti in regime de minimis, sono attivati solo dopo che l’Autorità responsabile abbia provveduto a registrare il relativo regime di aiuto nel Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) e nei registri SIAN e SIPA (articolo 19, comma 3).
Agli incentivi contributivi la disciplina del Capo III (Attuazione degli incentivi) si applica limitatamente alle disposizioni relative all’articolo 16. L’attuazione di tali incentivi resta soggetta alla disciplina di settore e a essi non si applicano le disposizioni relative al Programma degli incentivi di cui all’articolo 4 (articolo 19, comma 4).

 

Le disposizioni di cui all’articolo 19 si applicano agli incentivi fiscali e agli incentivi contributivi istituiti con legge successivamente alla data di entrata in vigore del codice (articolo 25 “Disposizioni transitorie e di coordinamento”).

Disposizioni attuative per l’applicazione del regime transfrontaliero di franchigia IVA

L’Agenzia delle entrate ha disposto le misure attuative per l’applicazione del regime transfrontaliero di franchigia previsto dal Titolo V-ter, Capo I, Sezioni I, II e III del decreto del D.P.R. IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 10 dicembre 2025, n. 560356).

L’emanazione del nuovo provvedimento dell’Agenzia è motivata dall’attuazione della Direttiva (UE) 2020/285 (che modifica la Direttiva 2006/112/CE riguardante il Regime Speciale per le piccole imprese), attuazione disposta tramite il D.Lgs. n. 180/2024.

Il provvedimento ha lo scopo di definire in modo specifico i controlli che l’Agenzia delle entrate è tenuta a compiere sugli adempimenti. Tali controlli riguardano sia i soggetti stabiliti in Italia che intendono beneficiare del regime di franchigia in altri Stati membri (Stati di esenzione) sia i soggetti non stabiliti che scelgono di applicare il regime di franchigia nel territorio italiano.

 

L’Agenzia delle entrate sottopone i dati contenuti nella comunicazione preventiva (resa da soggetti stabiliti in Italia) a controlli di conformità, confrontandoli con gli altri dati a sua disposizione.
I controlli riguardano la congruenza del volume d’affari indicato nella comunicazione preventiva rispetto a:

  • i dati fiscali delle fatture elettroniche emesse tra soggetti residenti, stabiliti o identificati in Italia, o verso la Pubbliche Amministrazioni;
  • i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e servizi verso soggetti non stabiliti;
  • i dati dei corrispettivi giornalieri memorizzati e trasmessi telematicamente;
  • i dati presenti nelle dichiarazioni annuali IVA e nelle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA.

Se gli importi riscontrati sono difformi da quelli comunicati, il contribuente riceve un messaggio di scarto con la motivazione “Incongruenza sui dati dei volumi d’affari comunicati”, e può presentare una nuova comunicazione preventiva a partire dal giorno successivo.

 

I controlli verificano anche il rispetto delle soglie stabilite dal D.P.R. IVA:
1. Il volume d’affari annuo dell’Unione europea non deve essere stato superiore a 100.000 euro nell’anno civile precedente alla comunicazione. Se superata, la richiesta può essere ripresentata dall’anno successivo.
2. Il volume d’affari annuo dell’Unione europea non deve essere stato superiore a 100.000 euro nel periodo dell’anno civile in corso precedente alla comunicazione. Se superata, la richiesta può essere ripresentata a partire dal secondo anno successivo.
3. Il volume d’affari annuo realizzato nello Stato di esenzione non deve superare la soglia prevista da tale Stato. Il superamento è verificato tramite il portale dedicato della Commissione Europea, e il contribuente potrà presentare una nuova comunicazione nei termini previsti da quello Stato di esenzione.

 

L’Agenzia verifica inoltre il rispetto dei termini per la presentazione di una nuova comunicazione a seguito del superamento di una di queste soglie.

 

L’Agenzia assegna il suffisso EX al soggetto passivo, aggiungendolo al numero di partita IVA, una volta ricevuta risposta positiva dagli Stati di esenzione che hanno ammesso il soggetto al regime. Tuttavia, se trascorsi 35 giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione uno o più Stati di esenzione non hanno risposto, l’Agenzia assegna comunque il suffisso EX, a meno che lo Stato di esenzione non abbia richiesto un termine maggiore per effettuare verifiche.

 

Le Entrate verificano, inoltre, i termini di presentazione della comunicazione trimestrale e la congruenza dei dati dichiarati, del volume d’affari e del rispetto delle soglie nazionali e unionali. La mancata presentazione delle comunicazioni trimestrali comporta l’invio di messaggi agli altri Stati membri.

 

L’Agenzia disattiva tempestivamente il suffisso EX quando il soggetto passivo cessa l’attività o in caso di cessazione d’ufficio della partita IVA.

La cessazione dell’attività si presume, in assenza di informazioni contrarie, se sono trascorsi otto trimestri civili durante i quali sono state trasmesse comunicazioni trimestrali con importi pari a zero in uno o più Stati di esenzione e, contemporaneamente, non risultano trasmessi i dati delle operazioni verso soggetti stabiliti in tali Stati. In questi casi, la disattivazione del suffisso EX viene notificata al contribuente nella sua area riservata sul sito dell’Agenzia, e vengono inviati i messaggi di cessazione agli Stati di esenzione interessati. Per rientrare nel regime, il soggetto deve presentare una nuova comunicazione preventiva, osservando le “quarantene” eventualmente previste dagli Stati di esenzione.

 

Se l’Agenzia riceve due messaggi consecutivi dagli Stati di stabilimento dei soggetti non stabiliti, ammessi al regime di franchigia in Italia, relativi alla mancata presentazione delle comunicazioni trimestrali, l’Agenzia comunica allo Stato di stabilimento che il soggetto non stabilito deve identificarsi in Italia e presentare la dichiarazione IVA annuale.

Case mobili in legno chiavi in mano: il trattamento IVA

L’Agenzia delle entrate esamina il trattamento IVA della cessione di case prefabbricate modulari ”chiavi in mano” da parte di un soggetto passivo UE a un cliente privato italiano (Agenzia delle entrate, risposta 4 dicembre 2025, n. 304).

L’Istante è un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato Membro dell’UE, che aderisce al regime One Stop Shop (OSS) e svolge l’attività di produzione di case a telaio e di case modulari prefabbricate. La Società vende tali prodotti a persone fisiche, non soggetti passivi IVA, residenti in Italia, i quali richiedono l’applicazione delle aliquote IVA agevolate del 4 e del 10%.
L’Istante chiarisce che una casa modulare, diversamente da una casa a telaio, è un prodotto completamente finito: al suo interno sono istallati impianti elettrici, idrici, fognari, ventilazione e tutti i lavori di costruzione e finitura vengono eseguiti direttamente presso lo stabilimento di produzione.

Le case modulari sono completamente pronte per essere abitate. Al riguardo, dunque, i quesiti posti sono:

– se sia possibile assoggettare la cessione di una casa modulare alle aliquote ridotte del 4% e del 10% a seguito del rilascio, da parte del cliente, di una dichiarazione in cui attesta il possesso dei requisiti per l’applicazione di dette aliquote;

– se occorra registrare le relative fatture di vendita presso l’Agenzia delle entrate o altro ente in Italia;

– quali sono le conseguenze in cui incorre nell’ipotesi di applicazione dell’aliquota agevolata sulla base di una dichiarazione/attestazione del cliente rivelatasi falsa.

 

In risposta, l’Agenzia ricorda che l’aliquota IVA agevolata del 4 o del 10% si applica quando l’operazione ha per oggetto una casa costruita e completa, idonea all’uso abitativo, sulla base di un contratto di appalto, stipulato tra l’impresa costruttrice e il cliente. Non è assoggettabile ad aliquota ridotta il mero acquisto dei singoli pezzi.

Dalle informazioni fornite risulta che il cliente acquista una casa “chiavi in mano”, descritta come “case mobili in legno chiavi in mano che uniscono design, autonomia e affidabilità”, utilizzabile come una dimora con la qualità di un’abitazione permanente. La consegna richiede 2/4 giorni, e il posizionamento sulle fondamenta avviene generalmente utilizzando una gru da cantiere per carichi pesanti. Tali caratteristiche inducono a ritenere che la casa modulare in questione sia un bene immobile ai sensi dell’articolo 13-ter, lettera b), del Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011. Un bene immobile, ai sensi di tale articolo, è un fabbricato eretto sul suolo o ad esso incorporato che non sia agevolmente smontabile né agevolmente rimuovibile.

L’intenzione di usare la casa come abitazione permanente è preminente quando il cliente chiede l’applicazione dell’aliquota IVA al 4% (agevolazioni prima casa).

Le operazioni di installazione/ancoraggio al suolo, e al pari quelle di smontaggio, richiedono l’impiego di gru, un rimorchio, un camion ecc. e personale qualificato, e pertanto la casa non può essere considerata facilmente smontabile o spostabile. Di conseguenza, le case modulari sono beni immobili, e la loro cessione rientra nel regime naturale dell’esenzione IVA di cui all’articolo 10, primo comma, n. 8-bis) del Decreto IVA.

La cessione è soggetta a imponibilità solo se la Società è considerata impresa costruttrice; in tal caso, ricorrendone le condizioni, può applicare le aliquote agevolate del 4 o del 10%. Resta inoltre fermo l’obbligo di censimento presso il catasto fabbricati per le costruzioni ancorate o fisse al suolo o i manufatti prefabbricati stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.

 

Trattandosi di beni immobili, la Società non può avvalersi del sistema OSS, in quanto quest’ultimo è riservato alle vendite a distanza di beni mobili. L’Istante è tenuto ad assolvere i relativi adempimenti IVA ricorrendo all’identificazione diretta, ai sensi dell’articolo 35-ter del Decreto IVA, oppure alla nomina di un rappresentante fiscale.

 

In caso di dichiarazione mendace nell’atto di acquisto da parte dell’acquirente, si applicano le disposizioni della nota II-bis, articolo 1 della Tariffa allegata al TUR.

L’ufficio dell’Agenzia delle entrate deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata. Devono inoltre essere irrogate la sanzione amministrativa, pari al 30% della differenza medesima e gli interessi di mora. Mentre, nessuna sanzione è dunque prevista in capo alla Società.